Cominciamo dall'inizio (se un inizio si può trovare)
Se dovessimo raccontare delle origini dell’azienda agricola Sant’Egidio dovremmo mettere in fila una quantità di volti, tutti - probabilmente – con qualche tratto comune, un piega del labbro, la linea del naso, la fronte alta, un’espressione negli occhi, oppure qualcosa di più nascosto e segreto, come un osso del polso particolarmente sporgente, o quella posa seduta con le mani in grembo abbandonate una nell’altra e i pollici uniti in un mudra spontaneo.
Due ragazzi nel dopoguerra
Ma poiché un inizio bisogna pur trovarlo, i ragazzi sorridenti in foto, rispondono al nome di Giovan Battista e Teresa, che, nel secondo dopoguerra, hanno acquistato una parte dei terreni che oggi formano l’azienda agricola Sant’Egidio. Giovan Battista viveva a Fontanella e andava a trovare Teresa a Pontida, dall’altra parte della collina, scollinava il Monte Canto per sentieri boschivi, e ci piace pensarlo attraversare il bosco con i passi rischiarati dalla luna e il volto illuminato da un’emozione. Teresa viveva a Pontida e un giorno d’Aprile (immaginiamo di pioggia, ma forse è una fantasia di chi scrive) si è fatta prestare un abito da sposa e ha detto sì.
Principi, Contadini, Vigne e un eremo in collina
Il terreno che acquistarono nel 1950 era lo stesso che la famiglia del nonno – suo padre, suo nonno e bisnonno e così via fino alla notte dei tempi - avevano coltivato come contadini mezzadri, ossia contadini che non erano proprietari del fondo ma dividevano il raccolto con i principi del luogo.
Parlare di principi e contadini, di una vigna e di un villaggio di collina costruito attorno a un antico eremo, pare riportare a un'antica fiaba eppure tant’è, sarà che tutte le storie hanno una trama comune, un eterno ritorno dell’uguale.
I principi della nostra storia si chiamavano Giovannelli, insigniti del titolo dall’impero austroungarico e possedevano una quantità di poderi in bergamasca, tra cui un piccolo vigneto a balze di circa un ettaro che si chiamava e si chiama “Ronco di sera”.
Un lunghissimo filo d'appartenenza
Dall’acquisto del “Ronco di sera” iniziano giorni fatti di ore di lavoro come guardiano di notte e lavoro diurno in vigna per Giovan Battista e di filari vangati a mano con i bimbi nella cesta per Teresa.
La storia che inizia parrebbe diversa, poiché i due ragazzi della foto sono diventati proprietari, ma la proprietà, se ci pensiamo, è un costrutto della civiltà e occorre un pezzo di carta (e generalmente svariate fatiche) per ottenerla e dimostrarla, l’appartenenza invece non si compra e non si dimostra, si sente. Ed è sempre reciproca. Anche dal 1950 in poi si riannoda di nuovo lo stesso lunghissimo filo che, di generazione in generazione, unisce una famiglia con la sua terra. Oppure, allo stesso modo, una terra con la sua famiglia.